Sequestro del GPS: confini di liceità dello strumento di pedinamento elettronico.
Ogni qualvolta si captino informazioni
relative alla posizione di un veicolo posto sulla pubblica
via, siamo assolutamente al di fuori della tutela penale, ed il
pedinamento elettronico, mediante l’utilizzo del GPS, è perfettamente lecito.
Prima o poi a tutti gli investigatori
capita di dover difendere il proprio operato, per aver
installato un GPS sotto un veicolo e di essere chiamato a
rispondere alla polizia giudiziaria ed al Pubblico Ministero del reato di cui
all’art. 615 bis c.p.. In diversi casi, addirittura capita di vedersi
sequestrato il GPS e di dover ricorrere alle opportune difese, per vederne la
restituzione.
E’ opportuno fare chiarezza e sgomberare
il campo da eventuali dubbi: l’uso del GPS è assolutamente lecito. Vediamo in
che misura.
Il Tribunale di Udine, in funzione di giudice per il riesame, con una
recentissima ordinanza dell’11/2/2016 si è pronunciato in merito ad un
sequestro operato dalla Polizia Giudiziaria su un GPS, annullando il
provvedimento del Pubblico Ministero e disponendo la restituzione dello
strumento al proprietario.
L’illuminate ordinanza ripercorre,
facendole proprie, le conclusioni del sottoscritto che nell’occasione difendeva
l’investigatore privato, ben evidenziando i punti salienti della questione.
Come sempre si deve partire dal dato
normativo, analizzando alla lettera la norma che si presume sia stata violata:
il 615 bis cp.p., appunto.
Scarica l’Ordinanza:
L’articolo in parola punisce chiunque:
– mediante l’uso di strumenti di ripresa
visiva o sonora, si procura notizie o immagini attinenti alla vita
privata.
– svolgentesi nei luoghi di privata
dimora di cui all’art. 614 c.p.
Graficamente ho evidenziato i punti
salienti sui quali concentrare l’attenzione:
è il GPS strumento per la
captazione visiva o sonora?
E’ il veicolo un “luogo di privata dimora” protetto dall’art. 614 c.p.?
E’ il veicolo un “luogo di privata dimora” protetto dall’art. 614 c.p.?
Ebbene in entrambi i casi la risposta è
negativa.
L’ordinanza oggi in commento condivide
le mie conclusioni, ritenendo che lo strumento GPS installato non sia idoneo a
determinare un simile tipo di captazioni, nonché che l’autovettura NON sia
luogo protetto di privata dimora, aderendo alla ormai granitica posizione della
Suprema Corte di Cassazione sul punto (cfr. Cass. Pen. n. 28251/09).
Mancando, pertanto, gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 615 bis,
esso NON può dirsi integrato.
Ma vi è di più. Alla luce della
vigente normativa l’uso del GPS è perfettamente lecito ed è
disciplinato dal DM 1 dicembre 2010, n. 269. Tale DM, all’art. 5 comma 2,
prevede espressamente che “per lo svolgimento delle attività di
cui ai punti da a.I) (attività di indagine in
ambito privato), a.II) (attività di indagine in ambito
aziendale), a.III) (attività d’indagine in ambito
commerciale) e a.IV) (attività di indagine in ambito
assicurativo), i soggetti autorizzati possono, tra
l’altro, svolgere, anche a mezzo
di propri collaboratori
segnalati ai sensi dell’articolo 259 del Regolamento
d’esecuzione TULPS: attività di osservazione
statica e dinamica (c.d. pedinamento) anche a mezzo di
strumenti elettronici, ripresa
video/fotografica, sopralluogo, raccolta di informazioni
estratte da documenti di libero accesso anche in
pubblici registri, interviste a persone anche a mezzo
di conversazioni telefoniche, raccolta
di informazioni reperite direttamente presso i locali
del committente”.
Restano, ovviamente, fermi tutti gli
obblighi burocratici cui deve adempiere l’investigatore, necessari lo
svolgimento di attività di indagine (compilazione registro degli affari,
conferimento incarico e, non ultima, notifica al Garante della
Privacy e così via).
Avv. Roberto Gobbi
sitografia:
http://www.stopsecret.it/Investigazioni/Sequestro-del-GPS-confini-di-liceitaa-dello-strumento-di-pe150228043535424
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