venerdì 6 aprile 2012

SENTENZE E CASSAZIONE


SENTENZA:
Tradimenti su Facebook: chat e messaggi privati non "entrano" in giudizio.
Da che esiste Facebook sono aumentate le "amicizie", virtuali o reali che siano, ma anche il numero di separazioni e divorzi; insomma, diciamocela tutta, tradire è diventato più facile!
E allora ecco che un'amicizia iniziata per caso può diventare una vera e propria tresca; che a casa si litiga per una foto di troppo pubblicata o per un messaggio "ambiguo" scoperto.
Ma niente paura perchè il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (CE) in una recentissima sentenza ha disposto che la corrispondenza segreta composta da messaggi privati e conversazioni in chat su facebook è coperta dalla massima riservatezza e che quindi non può essere riprodotta come prova in tribunale; nè tanto meno il giudice può ordinarne l'esibizione.
Insomma sappiate che tutte le informazioni ottenute in maniera scorretta utilizzando la password del proprio compagno, comporta una innegabile violazione della privacy; questo perché i messaggi privati inviati con i social network sono tutelati come le altre conversazioni segrete e private poiché possono essere assimilate ad altre forme di corrispondenza privata e pertanto viene loro applicata la massima tutela sotto il profilo della loro divulgazione.
Tutto cambia invece per le dichiarazioni rese sulla propria bacheca, perchè non segrete o almeno pubbliche per la cerchia più o meno ampia di "amici"; queste ben possono essere ammesse come prove!
Insomma, la posta privata è inviolabile, ma attenti a calibrare bene le parole sulla bacheca perchè quelle si che possono essere utilizzate contro di voi!

CORTE DI CASSAZIONE:
IL COMPORTAMENTO IMMEDIATAMENTE SUCCESSIVO ALLA SEPARAZIONE PUO' COSTARE L'ADDEBITO.
Ai fini dell’addebito conta anche il comportamento che il coniuge tiene subito dopo aver cessato la convivenza qualora costituisca una conferma dei “sospetti del passato”. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 10719/2013, rigettando il ricorso di una moglie su cui gravava la dichiarazione di addebito per essersi allontanata dal tetto coniugale insieme ai figli per diversi mesi senza dare alcuna notizia.
Secondo i giudici l’allontanamento unilaterale e non temporaneo dalla casa coniugale unitamente ai figli minori deve essere ritenuto “una grave violazione dei doveri coniugali e familiari”. Del resto, “l’allontanamento dei minori, dall’altro genitore si è protratta per un non modesto periodo di tempo ed è stato realizzato anche in violazione dei provvedimenti assunti nel corso del procedimento separativo”.
“Tale complessiva condotta - argomenta la Cassazione -, caratterizzata dall’ingiustificate imposizione unilaterale di una condizione di lontananza dell’altro genitore dai figli minori, iniziata prima della notifica del ricorso separativo e protrattasi anche dopo tale adempimento processuale è ampiamente valutabile ai fini dell’addebito, anche dopo l’effettiva instaurazione del contraddittorio in quanto […] anche il comportamento tenuto dal coniuge successivamente al venir meno della convivenza, ma in tempi immediatamente prossimi a detta cessazione può rilevare ai finì della dichiarazione di addebito della separazione allorché costituisca una conferma del passato e concorre ad illuminare sulla condotta pregressa”.

CASSAZIONE:
Corte di cassazione - Sezione I civile - sentenza 8 maggio 2013 n. 10719
Oltre che nell’ elemento oggettivo della convivenza con il figlio maggiorenne, il fondamento del diritto del coniuge separato di percepire l’assegno, risiede nel dovere di assicurare un’istruzione ed una formazione rapportate alle capacità dei figli, per consentire agli stessi di acquisire l’indipendenza economica. Il dovere cessa al momento del conseguimento dell’autosufficienza economica dei figli, consistente nelle percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato, restando attribuita al giudice di merito ogni valutazione sull’ eventuale esiguità del reddito percepito.
(Cass. Civ. del 21 Gennaio 2011 n. 1476)

CASSAZIONE:
Non è addebitabile la separazione al coniuge che intrattiene una relazione platonica su internet con un soggetto che vive a chilometri di distanza, poiché un rapporto fatto solo di scambio di mail e telefonate, senza alcun incontro fisico, non è idoneo di per sé a provocare l’intollerabilità della convivenza.
(Corte di Cassazione, sentenza del 12 aprile 2013 n. 8929)

CASSAZIONE:
Nella famiglia di fatto, il convivente more uxorio non è un semplice ospite dell’altro convivente, proprietario esclusivo della casa familiare, ma ha la detenzione qualificata dell’immobile e, quindi, può esercitare l’azione di spoglio, anche contro il partner.
(cass.civ., Sez. II, N. 7214 21.03.2013)

CASSAZIONE:
Se la ex moglie sceglie da sola la scuola privata per la figlia, senza consultare l'ex marito, questi non sarà tenuto al rimborso della retta scolastica e delle relative spese (libri, divise, etc..)
(Corte di Cassazione, sentenza n. 10174/2012)

SENTENZA:
Privacy tra coniugi
Non è reato curiosare nel cellulare del coniuge 

Il Tribunale di Milano ha sentenziato in favore del diritto di curiosare nel cellulare o nel computer del coniuge, purchè non si tratti di apparecchio coperto da segretoaziendale o di Stato.
Una limitazione alla privacy a favore del buon senso; infatti non è molto sensato parlare di privacy tra persone che si sono impegnate a condividere i loro destini.
SCARICA LA SENTENZA PER SAPERNE DI PIU'

CASSAZIONE:
Le relazioni tra colleghi devono rimanere rigorosamente top secret: la persona che, per rancore, diffonde tali notizie commette il reato di diffamazione e viola la privacy dell’interessata.
( Cassazione penale, sez. V, sentenza 02.12.2011 n. 44940)

giovedì 5 aprile 2012

IL RAPPORTO TRA PARCELLA E PRESTIGIO

L’ investigatore privato è più efficiente nelle indagini quando dipende da una cospicua parcella. Migliore è l’operato e l'esito dei risultati nell’indagine, maggiore è il prestigio che l’agenzia raggiunge. Inoltre, in un’indagine, è importante non solo il risultato finale ma anche la qualità del materiale investigativo raccolto, la gestione e lo sviluppo dell'indagine stessa. Quindi il rapporto tra parcella e prestigio dovrebbe essere direttamente proporzionale: più la parcella è cospicua e più grande dovrebbe essere il prestigio dell’agenzia, di conseguenza, i requisiti posseduti e l’alta probabilità di poter soddisfare le richieste del cliente. Nella maggior parte dei casi, però, non è così. Le parcelle “salate” non sono sinonimo di affidabilità e garanzia di un esito positivo dell’indagine, tantomeno di efficienza e qualità. Lo stesso discorso vale anche per le parcelle “regalate” con prezzi sottocosto, troppo concorrenziali e bassi rispetto al mercato. Il costo del lavoro svolto da un'Investigatore Privato è sicuramente elevato, visto i tariffari esosi; ma una realtà da tenere in considerazione e con cui fare i conti, è il fatto che talvolta non vengono rispettati gli accordi presi tra cliente e investigatore (ne sul piano qualitativo ne su quello quantitativo, cioè delle “forze lavoro” impiegate). Non tutti i clienti possono permettersi il costo di un’indagine investigativa e non mancano casi di grave incapacità, scarsa pianificazione (talvolta assente) e disonestà da parte di agenzie poco professionali o del tutto truffaldine.
Il prestigio, dunque, deve maturare dalla professionalità innanzitutto, ma anche dalla competenza impiegata nelle indagini. Ecco perchè dovrebbero essere, ad esempio, la trasparenza, la completezza d’informazione, la correttezza, l'onestà, l'attenta gestione del patrimonio del cliente, alcune delle caratteristiche presenti nell'agenzia scelta, così da affidarsi ad una struttura seria e competente.

LA PROFESSIONALITÀ NEL LAVORO


La professionalità è la capacità di svolgere la propria attività con competenza ed efficienza. Contraddistinta da qualità e caratteristiche come l’abilità, la serietà,  la preparazione, la correttezza e la diligenza. Con riferimento al rapporto di lavoro è l’insieme “di attitudini professionali richieste dalla natura delle mansioni da svolgere”. La professionalità costituisce una sorta di presupposto, di prerequisito, consente l’adempimento di quanto convenuto con il contratto di lavoro, ma ciò che viene dedotto nel contratto è pur sempre una prestazione; prestazione che il lavoratore sarà in grado di adempiere solamente se possiede la relativa professionalità. “Il contratto di lavoro realizza uno scambio tra professionalità e retribuzione”. La professionalità pertanto pur non costituendo l’oggetto della prestazione, ne costituisce un presupposto. Il datore di lavoro attende una prestazione conforme alle proprie aspettative in funzione della conoscenza della professionalità della controparte. Il lavoratore, dal canto suo, sarà in grado di assumersi l’impegno a svolgere una determinata prestazione e successivamente ad adempierla, grazie alla professionalità posseduta.

Sitografia


mercoledì 4 aprile 2012