L'art. 559 del cod. penale,
fino a quando la Corte Costituzionale non lo dichiarò illegittimo (dicembre
1969), puniva l'adulterio con la reclusione. Anche se la norma
valeva per entrambe i coniugi, nei fatti persisteva una condizione di
disparità, in base alla quale la moglie era sempre punibile, mentre il marito
era tacitamente autorizzato ad avere relazioni extraconiugali senza incorrere
in alcuna sanzione penale ne condanna sociale. Solo nel caso avesse mantenuto
pubblicamente una concubina, nella casa coniugale o altrove, la legge
configurava il reato con pena fino a 2 anni di reclusione.
La norma, insomma, lasciava
gli uomini liberi di tradire e, al tempo stesso, spingeva i mariti traditi, o
presunti tali, a ingaggiare investigatori privati nella ricerca di prove che
potessero incastrare le mogli. Così, quando le signore venivano colte sul
"fatto", spesso l'agenzia investigativa richiedeva l'intervento delle
forze dell'ordine che avevano l'obbligo di attestare ufficialmente la
"flagranza" del reato adulterio.
La depenalizzazione del reato
rivoluzionò profondamente l'atteggiamento sociale nei confronti delle infedeltà
coniugali e comportò per gli investigatori privati una forte riduzione degli
incarichi in questo ambito.
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