LE ORIGINI DELLE INVESTIGAZIONI PRIVATE
Nel 1833 viene fondato in Francia da Eugène-Francois Vidocq
il Bureau de renseignements pour le
commerce (letteralmente ufficio informazioni per il commercio), la prima agenzia di detective privati che
fornisce (dietro pagamento) servizi informativi e di sorveglianza ai
commercianti. Eugène-Francois Vidocq (1775-1857) da ladro e truffatore, nel
1811 diventa capo della Sureté (fino al 1827 in cui si dimette), un servizio di
polizia formato da ex detenuti con il compito di infiltrarsi nella malavita.
Nel 1850 a Chicago, lo scozzese Allan J. Pinkerton (1819-1884) fonda la più famosa agenzia investigativa privata nel mondo, che divenne in breve tempo la più importante società di sicurezza d’America, la Pinkerton National Detective Agency. Il marchio dell’agenzia era composto da un logo con un occhio aperto (che ispirò nel tempo l’espressione “private eye”) e con una frase che citava “We never sleep” (tradotto “Non dormiamo mai”).
Pinkerton divenne famoso per aver scoperto il complotto per omicidio del candidato alla presidenza degli Stati Uniti, Abramo Lincoln, salvandogli la vita in un attentato a Baltimora che precedette quello fatale di Washington, che assunse gli agenti di Pinkerton come guardie del corpo durante la Guerra Civile. Allan Pinkerton assunse Kate Warne nel 1856 come detective privato, facendo di lei la prima investigatrice privata donna in America. Agenti Pinkerton sono stati assunti per monitorare fuorilegge occidentali come Jesse James , i fratelli Reno , e il “Wild Bunch”, tra cui Butch Cassidy e Sundance Kid . L’agenzia mise in pratica molte tecniche innovative: dall’archiviazione di enormi documentazioni su sospetti criminali (attività che gli fu copiata dal FBI alla sua nascita nel 1908), alla creazione di quello che forse è stato il primo schedario criminale fotografico, alle ricerche meticolose, spesso con un pericoloso lavoro undercover (sotto copertura) ed estenuanti sorveglianze, con cui venivano affrontati i casi.
In Europa le prime agenzie investigative nacquero in Gran
Bretagna, in epoca Vittoriana. I metodi d’indagine utilizzati in quel periodo
erano a dir poco disinvolti: alcune agenzie, infatti, al fine di incrementare
il lavoro, utilizzavano un giro di “donnine facili” con il compito di adescare
mariti agiati; in questo modo era sicuramente facile raccogliere prove a favore
delle mogli tradite che, di conseguenza, potevano ottenere vantaggiose
condizioni per il divorzio.
Sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna, le più
importanti agenzie di investigazioni si dotarono di strumenti tecnici assai
sofisticati per l’epoca, come ad esempio il microfono-fucile, un apparecchio
che permetteva di registrare colloqui all’aperto sino a mezzo chilometro di
distanza. Ma la tecnica che gli investigatori statunitensi e inglesi seppero
magistralmente sfruttare fu l’arte del travestimento: nel quartiere cinese di
New York, ad esempio, vivevano molti detective di nazionalità cinese, che,
camuffati da commessi, camerieri, lustrascarpe ecc., riuscivano a sventare
molti crimini. Lo stesso Pinkerton, per acciuffare un ladro di banche ormai
ricercato da mesi, aprì un piccolo caffè in una cittadina americana che
condusse per più di tre mesi.
La polizia inglese e americana, a differenza di quella
europea, si rese subito conto di quanto fosse necessaria la collaborazione di
una figura come quella del detective privato, un libero professionista
facilitato, nell’adempimento delle proprie missioni, da rapidità e mobilità.
Negli Stati Uniti la diffusione del detective privato fu tale che, nei primi
del Novecento, non c’era più festa o avvenimento pubblico che non vedesse la
presenza di “occhi privati”. Ma anche le banche, le industrie, le compagnie
ferroviarie ecc. si avvalevano sempre più di servizi di sicurezza privata o di
detective.
In Francia, Germania e Italia, l’investigazione privata ebbe
una diffusione molto più lenta e inizialmente si occupava per lo più di
sicurezza.
Le investigazioni private in Italia (1)
Alla vigilia
dell’Unità d’Italia la c.d. “Polizia Privata” non esisteva in forme
strutturate, ma soltanto come tutela della proprietà privata mediante
l’attribuzione di compiti difensivi a soggetti singoli.
La loro prima regolamentazione risale al 1914, quando il
Ministero degli Interni emanò un provvedimento che precisava i semplici
requisiti che dovevano possedere le “Guardie Private”: maggiore età, aver
assolto agli obblighi di leva, saper leggere e scrivere, non aver subito
condanne penali, essere “persone oneste e dabbene”.
Gli investigatori privati veri e propri comparvero solo nel
primo dopoguerra, ed una regolamentazione maggiormente completa fu emanata solo
con il Testo Unico del novembre 1926. La normativa rappresentava da una lato il
punto d’arrivo della precedente disciplina del 1914, dall’altro il punto di
partenza per l’attività d’investigazione privata, che avrebbe conosciuto negli
anni seguenti un florido sviluppo. Nel TU del ’26 venne introdotto per la prima volta il divieto di eseguire
investigazioni e ricerche senza licenza del Prefetto. Ma, di fatto, se pur
autorizzata, l’esistenza degli Istituti d’investigazione privata era appena
tollerata. Una circolare del Ministero degli Interni del 25 novembre 1928 vietò
di concedere la licenza per lo svolgimento di operazioni che comportassero
menomazione della libertà individuale o del domicilio. Conseguenza di ciò fu
che i detective privati non potevano compiere pedinamenti o appostamenti perché
tale attività erano ritenute “socialmente dannose”.
Per i contravventori era previsto perfino l’arresto fino a
due anni e la circolare imponeva agli organi di polizia di effettuare controlli
assidui sulle agenzie, revocando la licenza a coloro che trasgredivano tali
disposizioni.
Inutile specificare come tali operazioni di controllo
finirono per limitare molto l’espansione e l’operatività delle agenzie investigative.
Con il Regolamento del 1929, fu introdotto l’obbligo (ex art. 275), tutt’ora in
vigore, di “comunicare al Prefetto gli
elenchi del personale dipendente” oltre a “dare notizia, appena si verifichi,
di ogni variazione intervenuta, restituendo i decreti di nomina delle guardie
che avessero cessato il servizio”.
ll TULPS del 1931 (2)
La materia sui cosidetti “Istituti di Investigazioni Private
e di Informazioni Commerciali” venne definitavemente regolamentata dal Testo
Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS), approvato con Regio Decreto il
18 Giugno 1931: normativa rimasta sostanzialmente immutata fino al 2010.
Il testo comprendeva una serie di competenze in materia di
pubblica sicurezza molto varie, che andavano dalle agenzie d’affari alle pompe
funebri, dagli investigatori privati ai gestori di case di tolleranza, dalle
attività girovaghe alle agenzie matrimoniali.
In ogni caso il Testo Unico e il relativo Regolamento di
esecuzione, davano un definitivo assetto alle norme sulla raccolta delle informazioni
commerciali e sull’attività d’indagini private.
L’articolo di riferimento era (e resta) il 134 che
recita: “Senza licenza del Prefetto è vietato ad enti o privati di prestare
opere di vigilanza o custodia di proprietà mobiliari od immobiliari e di eseguire
investigazioni o ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati
(…).
La licenza non può essere conceduta alle persone che non
abbiano la cittadinanza italiana o siano incapaci di obbligarsi o abbiano
riportato condanna per delitto non colposo (…).
La licenza non può essere conceduta per operazioni che
importano un esercizio di pubbliche funzioni o una menomazione della libertà
individuale (…)”.
Altri articoli “chiave” sono:
Art. 135 comma 4 TULPS: “I direttori degli
Istituti di Investigazioni devono inoltre tenere nei locali del loro ufficio
permanentemente affissa in modo visibile la tabella delle operazioni alle quali
attendono, con la tariffa delle relative mercedi”.
Art. 136 TULPS: “La licenza è ricusata a chi
non dimostri di possedere la capacità tecnica ai servizi che intende
esercitare. La revoca della licenza importa l’immediata cessazione delle
funzioni delle guardie che dipendono dall’ufficio. L’autorizzazione può essere
negata o revocata per ragioni di sicurezza pubblica o di ordine pubblico”.
L’autorizzazione di polizia era (e resta)
personale, in quanto la sua concessione avviene solo dopo
l’accertamento dei requisiti previsti dal Testo Unico di Pubblica Sicurezza. Si
può quindi facilmente intuire come l’autorizzazione non possa essere venduta,
ceduta o trasmessa in eredità.
Per concludere un breve richiamo al dettato dell’art. 139
TULPS “Gli uffici di vigilanza e di investigazione privata sono tenuti a
prestare la loro opera a richiesta dell’autorità di pubblica sicurezza e i loro
agenti sono obbligati ad aderire a tutte le richieste ad essi rivolte dagli
ufficiali o dagli agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria”.
Va sottolineato come in realtà sia raro il ricorso a tale
richiesta da parte dell’autorità. Si ritiene infatti che l’ambito di
applicazione sia più consono agli istituti di vigilanza privata. Da questi,
infatti, nacquero le agenzie di investigazione privata, per rispondere a
esigenze dei privati cittadini davanti alle quali lo Stato non aveva disponibilità
di mezzi né di denaro. Da evidenziare quindi come il dettato dell’art. 139
TULPS non si applichi nell’ambito delle indagini difensive previste dall’art.
222 delle disp.di coord. del nuovo codice di procedura penale.
Con tutte le restrizioni che l’ideologia del tempo imponeva,
il legislatore, disciplinando l’investigazione privata, l’aveva finalmente
riconosciuta come professione legittima, suscettibile di risultati socialmente
apprezzabili.
Anni ‘50 e ’60: il dopoguerra e gli anni del boom economico (3)
La rapida ripresa economica del dopoguerra favorì il
consolidamento e lo sviluppo delle agenzie d’informazioni commerciali. Negli
anni precedenti il boom economico le richieste d’informazioni commerciali erano
state una prerogativa dei settori della finanza e delle banche, ma dagli anni ’60
in poi, anche le grandi industrie, soprattutto quelle del Nord Italia, ebbero
bisogno di indagini sulla solvibilità degli acquirenti che avevano scoperto il
comodo mezzo di pagamento a cambiali.
Le indagini private, invece, ebbero una loro vitalità grazie
all’art. 559 del cod. pen. che, almeno fino a quando la Corte Costituzionale
non lo dichiarò illegittimo (dicembre 1969), puniva l’adulterio con la
reclusione. Anche se la norma valeva per entrambi i coniugi, nei fatti
persisteva una condizione di disparità, in base alla quale la moglie era sempre
punibile, mentre il marito era tacitamente autorizzato ad avere relazioni
extraconiugali senza incorrere in alcuna sanzione penale né condanna sociale.
Solo nel caso avesse mantenuto pubblicamente una concubina, nella casa
coniugale o altrove, la legge configurava il reato con pena fino a due anni di
reclusione.
La norma, insomma, lasciava gli uomini liberi di tradire e,
al tempo stesso, spingeva i mariti traditi, o presunti tali, a ingaggiare
investigatori privati nella ricerca di prove che potessero incastrare le mogli.
Così, quando le signore venivano colte sul “fatto”, spesso l’agenzia
investigativa richiedeva l’intervento delle forze dell’ordine che avevano l’obbligo
di attestare ufficialmente la “flagranza” del reato adulterio.
La depenalizzazione del reato rivoluzionò profondamente l’atteggiamento
sociale nei confronti delle infedeltà coniugali e comportò per gli
investigatori privati una forte riduzione degli incarichi in questo ambito.
Anni ’70 e ’80: lo Statuto dei lavoratori, lo scandalo delle intercettazioni telefoniche e la rivoluzione informatica (4)
Anche l’approvazione
della Legge 300, il c.d. “Statuto dei lavoratori”, nel maggio del 1970,
comportò conseguenze di rilievo per gli investigatori. Infatti, secondo lo
Statuto, per tutelare il rispetto della dignità del lavoratore ed evitare forme
di controllo improprie sui dipendenti, il personale di vigilanza non poteva più
esercitare la propria attività sui lavoratori, ma esclusivamente sul patrimonio
aziendale. Le norme sulla libertà e dignità dei lavoratori, introdussero il
divieto del controllo a distanza dei lavoratori mediante impianti audiovisivi o
di apparecchiature analoghe (salvo accordi diversi con le rappresentanze
sindacali).
Inoltre l’art. 8 introdusse l’espresso divieto di indagare
sulle opinioni politiche, religiose o sindacali nonché su fatti non rilevanti
ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore.
Nel 1973 invece, l’attività investigativa ebbe grande
rilievo in seguito allo scandalo delle intercettazioni telefoniche a danno dei
politici: il pretore Luciano Infelici scoprì che esistevano 12 centri occulti
di emanazione pubblica, ognuno dei quali spendeva per le intercettazioni più di
mezzo miliardo di lire all’anno.
In sostanza, legalmente o no, in Italia in quegli anni c’era
chi, dai servizi segreti agli investigatori privati, controllava i telefoni di
parlamentari, partiti, giornali, grandi società, magistrati, semplici cittadini.
Appena un anno più tardi, nell’aprile del 1974, fu così
approvata la legge sulla tutela della riservatezza, delle libertà e segretezza
delle comunicazioni, che sanzionò pesantemente gli illeciti, soprattutto se
compiuti da privati.
Nei primissimi anni ’80 la rivoluzione informatica impose un’accelerazione
al mondo delle informazioni commerciali e impose agli investigatori un
tempestivo aggiornamento per non essere estromessi dal mercato delle
rivoluzionarie innovazioni tecnologiche.
I nuovi sistemi informatici si rivelarono di grande aiuto
alle agenzie investigative (che ai primi anni ’80 erano poco meno di 600),
soprattutto nell’attività di archiviazione dati, garantendo margini di
miglioramento qualitativo e di ottimizzazione dei risultati, grazie anche alla
realizzazione di programmi ad hoc.
Bibliografia:
Wikipedia,
Le investigazioni private:guida operativa - Testi di Alberto Paoletti e Gianpaolo Luzzi (1),(2),(3),(4)
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